Recensione
Ciao amici! Nei mesi scorsi mi sono spesso imbattuta in Post dedicati al romanzo "Le braci" dell'ungherese Sándor Márai, ma temendo d'incappare in una delusione, ho tardato ad iniziarlo.
Adesso posso dirvi che i miei dubbi non avevano fondamento: si tratta di un testo intenso, palpitante di emozioni, imperdibile per chi ama leggere.
Il volume di Márai, pubblicato originariamente nel 1942 e tradotto in italiano nel 1998 da Adelphi, è incentrato sul drammatico incontro di Konrad ed Henrik, avvenuto quarant'anni dopo il momento che ha cambiato per sempre il corso delle loro vite.
I protagonisti erano vicini come fratelli, pur avendo un diverso temperamento: Henrik era tanto controllato, quanto Konrad era sensibile. Il primo era sempre stato orgoglioso delle sue nobili origini, mentre l'altro provava vergogna per i modesti genitori.
Tra i due, aleggia ancora il fantasma di Krisztina, l'affascinante consorte di Henrik, una creatura solare ed appassionata che ha lasciato anzitempo il mondo.
Henrik ha vissuto la sua esistenza offuscato dal rancore per l'abbandono dell'amico e per il suo presunto tradimento. Il dubbio lo ha logorato, imprimendo nella sua memoria anche i dettagli più minuti degli ultimi momenti trascorsi insieme. Nonostante le prove in suo possesso, Henrik desidera ascoltare dalla viva voce di Konrad il perchè del suo gesto e non esita a riversargli addosso una verità che sa potrebbe fargli male.
Márai ci ha donato un romanzo in cui la parola ferisce più della spada, ricordandoci quanto in realtà siano fragili e incomprensibili i rapporti umani, anche quelli che all'apparenza sembrano più saldi. Siamo davvero uno, nessuno e centomila, come scriveva Luigi Pirandello.
Voto: 5/5
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